I corvi sul Pelmo risolvono espressioni con 8 passaggi diversi
Siamo andati in tanti la mattina del sabato santo, sul monte Pelmo a cercare i dinosauri: con la sicura e scientifica guida del nostro prof. Jacopo Longo. E non importa se c’è stata una improvvisa interruzione tecnica, a noi è bastato seguire fino praticamente alla fine il nostro esperto. Che ci ha fatto salire il corso del fiume Piave; poi ci siamo inerpicati controcorrente sul greto del torrente Cordevole e poi su per la val Forentina fino ad avvistare il monte Pelmo, una delle più belle e famose cime delle Dolomiti di Zoldo (provincia di Belluno), alta 3.168 metri. Pelmo è una parola di origine forse cimbra che vuol dire “sasso compatto” o “masso piatto”, proprio per questa sua conformazione viene anche chiamato comunemente il Caregòn di Dio, cioè il trono su cui nostro Signore si sarebbe seduto per riposarsi della lunga fatica della Creazione…
In val di Zoldo corre tra i montanari un racconto secondo cui, tanti e tanti anni fa, il Pelmo fosse coperto di verdi pascoli e che solo dopo una grande scossa di terremoto, i pascoli sarebbero scivolati a valle lasciando scoperta del Pelmo la nuda roccia. Questi vasti smottamenti di terreno avranno ostruito le valli sottostanti causando uno stravolgimento dei corsi d’acqua laterali che furono così costretti a segnare nuovi avvallamenti e a scavare nuovi letti.
Il Pelmo è anche la prima cima delle Dolomiti ad essere stata scalata, nel 1857, dall’l’irlandese John Ball.
L’appuntamento con la guida per cominciare l’escursione era il Passo Staulanza, dove abbiamo lasciato la strada provinciale n.251 per prendere il sentiero n.472. Ci siamo inoltrati nel bosco fitto e ombroso dove vivono i galli forcelli, un galliforme della famiglia dei tetraonidi, i cui maschi proprio all’inizio della primavera escono dal bosco, cominciano a fare le danze nuziali e a combattersi per avere il primato sulla femmina.
Il sole filtrava sul sentiero del bosco di abeti e larici che sfuma sulle quote più elevate verso la macchia di pini mughi, l’ultima tipologia di vegetazione ad alto fusto prima che il bosco si apra su bellissime radure assolate, ai piedi dei vasti ghiaioni del Pelmo.
Ed è proprio lungo uno di questi ghiaioni che ci ha accompagnati Jacopo Longo alla scoperta straordinaria del Pelmo che, con tutte le altre vette delle Dolomiti, si è formato circa 250 milioni di anni fa.
Lungo il sentiero notiamo strati rocciosi precedenti al Triassico con tracce di immersioni marine ed evidenti presenze di vulcani. E ad un certo punto della salita, in uno dei canali formati dall’erosione e dallo scorrimento delle ghiaie ci imbattiamo in un enorme masso che alcuni decenni fa incuriosì Vittorino Cazzetta, di Selva di Cadore, per le lunghe e regolari file di buchi. che vi sono impresse. Sospettò che fossero tracce lasciate da animali preistorici e infatti, una quarantina di anni fa, uno studio dell’Università di Padova confermò che quelle orme sulla pietra erano la traccia della presenza di dinosauri.

Si tratta di impronte, effettivamente impressionanti, che potrebbero essersi formate quando le dolomiti avevano un aspetto completamente diverso da quello attuale e l’intera zona era formata da piane di marea, cioè da zone pianeggianti umide, acquitrinose, e fangose frequentate da animali carnivori, esattamente come i dinosauri…
Di sicuro quelle orme, per essersi impresse nel terreno devono aver trovato un ambiente fangoso. Ma per conservarsi fino a noi è necessario supporre che l’intero terreno, per effetto di sconvolgimenti geologici, si sia prosciugato, strati di nuovo materiale devono aver ricoperto questi piani e protetti e poi a seguito di frane successive, gli stessi piani devono essere stati riportati ancora in superficie per consentirci di vedere ancora adesso questo spettacolo unico.
Insomma, possiamo dire che se non ci fosse stata la frana del Pelmo non avremmo la possibilità di scorgere queste orme: pensate la rarità di questi fossili…
Si trattava di dinosauri bipedi e carnivori, ma c’erano anche gli Ornitischi che erano tridattili erbivori…
La passeggiata con il prof. Longo è continuata poi con l’avvistamento di altri animali: i corvi, per esempio, che hanno un’intelligenza così potente da saper svolgere otto passaggi diversi per arrivare alla conquista del cibo, otto passaggi logici, pensate!
E il gufo reale, quello che gli inglesi chiamano eagle owl. Questa specie di gufo sa vedere le prede anche al buio, grazie alle sua pupilla dilatata e sa volare con ampia tesa d’ali nella notte per ghermirla senza fare il minimo rumore…
Grazie, Jacopo Longo.
Il prossimo appuntamento è per Pasquetta: andremo a scalare il Sorapis.
Punto di ritrovo, come sempre: virtualtrekking.cavanis.net