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Perché è stancante fare scuola on line?

All’inizio era bello ed era tutto nuovo, ma adesso, dopo due mesi di quarantena, la pesantezza delle lezioni on line si fa sentire. Lo hanno detto anche gli insegnanti del Cavanis nell’ultimo Collegio dei Docenti da remoto: siamo stanchi e i ragazzi stessi sono stanchi. E non si tratta di avversione alla scuola o di poca voglia di lavorare. Si tratta di un affaticamento costante e continuo dovuto al mezzo, il videocollegamento.. E’ l’attività che stanca, non la scuola: gli psicologi lo chiamano “zoom fatigue” (affaticamento da videoconferenza) o “hangover”che letteralmente significa… postumi da sbornia. In effetti le continue e quotidiane videochiamate procurano una sensazione di stordimento, accompagnato da mal di testa, nausea e spossatezza. Non è tanto l’affaticamento visivo davanti allo schermo (questo c’era anche prima del Coronavirus): piuttosto a pesare è l’approccio mediatico del lavoro.. Che non colpisce solo gli studenti ma tutti quelli che sono costretti a lavorare in smart working nei giorni di emergenza sanitaria e di confinamento domestico. Le cause di questo disturbo sembrano essere due:
1- essere costretti a comunicare in videochiamata richiede più attenzione rispetto al parlarsi faccia a faccia, anche soltanto per capire quello che l’altra persona sta dicendo: dobbiamo lavorare di più per elaborare segnali non verbali come le espressioni facciali, il tono della voce e il linguaggio del corpo. Prestare maggiore attenzione a questi dettagli consuma molta energia, per non parlare di evenutali disturbi sonori o del video dovuti alla scarsa tenuta della linea.
2- in videochiamata siamo continuamente consapevoli di essere guardati: sappiamo che tutti ci stanno osservando e abbiamo la sensazione simile a quella dell’attore che recita sul palco di un teatro: la videochiamata esercita quindi una sorta di costante pressione sociale che ci costringe ad essere belli, apposto, performativi; e questo è snervante e stressante. Mostriamo in videochiamata non solo noi stessi, ma facciamo entrare la telecamera nei nostri sfondi domestici, la nostra camera, la libreria, la cucina, creando una mescolanza di situazioni (lavoro, salotto, famigliari, camera…) che di solito teniamo separati e distinti. Perché mentre siamo in casa a seguire la videochiamata, gli altri nostri famigliari sono lì, vicini, a fare altro, a parlare sottovoce per non disturbarsi reciprocamente… Se poi suonano il campanello o squilla il telefono di casa è un’ulteriore distrazione che nuoce alla concentrazione. Perché la casa è fatta per essere casa, il lavoro per essere lavoro, la scuola per essere scuola. E invece in videochiamata, ogni mattina e per diverse ore, ti trovi in salotto o in camera insegnanti e compagni di classe tutti assieme. E non sempre è possibile staccare il microfono o staccare la telecamera. Il Cavanis di Possagno che già a settembre 2019 aveva formato un gruppo consistente di suoi docenti alla didattica in google classroom e aveva al suo attivo diverse esperienze di videochiamate (pensiamo per esempio ai casi di ragazzi che svolgono le lezioni in ospedale), al momento del lockdown ha organizzato la didattica da remoto in modo flessibile senza inutili (e controproducenti) trasferimenti in video dell’orario curricolare in presenza.

Per esempio, al Cavanis si comincia on line non prima delle 8 e tre quarti del mattino (a scuola, si cominciava alle 7:55), le lezioni non durano di media più di un’ora. E tra un’ora e l’altra si osserva di solito mezz’ora e anche tre quarti d’ora di pausa, in cui si consiglia all’allievo di staccare gli occhi dallo schermo, fare piccola attività fisica, bere un bicchiere d’acqua ecc.

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