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Musica per le sue orecchie: Federico vive in Sunshine

Era presente, e molto, il Cavanis di Possagno alla presentazione del libro “Sunshine” (per i tipi di BrentaPiaveEdizioni) del nostro ex allievo Federico Pegoraro (1997-2021), nella Biblioteca di Villa Rina a Cittadella, domenica 22 maggio: c’erano i suoi compagni delle superiori, con alcuni genitori, c’era il preside della scuola, prof. Ivo Cunial, c’era il prof. Alessandro Gatto (preside del Cavanis che iscrisse Federico allo Scientifico), c’era il prof. Damiano Carlesso che gli ha insegnato Fisica) e prof. Giancarlo Cunial (Storia e Filosofia) che lo aveva seguito nella preparazione della tesina della Maturità di Federico (quel testo era il primo nucleo di Sunshine…). La sala era stracolma di tanti amici di Castello di Godego, di medici e ricercatori che hanno conosciuto e curato Federico, di colleghi di studio dell’università di Padova… Al tavolo dei relatori: il vicesindaco di cittadella Marina Beltrame, Sebastiano Rizzardi curatore dell’editing, la dott. Federica Chiara ricercatrice biomedica e presidente dell’associazione LINFA, il parroco di Castello di Godego dove risiedeva Federico, don Gerardo Giacometti (“Federico ora vive una nuova Pentecoste”) . E ovviamente erano presenti i genitori di Federico, Giuseppe e Gabriella, due colonne a sostegno non solo del figlio, morto a 24 anni per neurofibromatosi, ma anche per tanti che hanno conosciuto la malattia di Federico e il suo impegno (anzi, il suo “riscatto”) per vincerla e per tornare pienamente a vivere, ad amare la musica, a studiare… Sunshine è la storia di questa lotta tenace di Federico contro la malattia. Una lotta appassionata e liberante. La scrittura era un mezzo che gli consentiva di raggiungere i suoi obiettivi dribblando i fendenti del morbo (“dobbiamo essere più furbì che possiamo contro i problemi”). Egli provò, sulla sua carne, a combattere la neurofibromatosi che gli aveva tolto completamente l’udito, usando una strategia progressiva in tre step: raccogliere i frammenti sonori che ci sono pervenuti rielaborandoli nella memoria; usare l’immaginazione del sentire acustico facendo leva sull’esperienza sonora; prendere consapevolezza della propria identità perché ciascuno di noi è un essere più grande dei suoi problemi (“io non sono la mia malattia, io non sono il non-udente, io non sono i miei problemi, io sono io”).

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