Anche i docenti delle scuole paritarie all’esame abilitante
I docenti delle scuole paritarie potranno partecipare al concorso straordinario previsto dal decreto “salva-precari” (per ottenere l’abilitazione ma non per accedere alle 24mila cattedre messe in palio e riservate agli insegnanti delle scuole statali, con almeno tre anni di servizio). Questa una delle modifiche sostanziali al testo approvato dal Consiglio dei ministri del 10 ottobre 2019 e, dopo due settimane, non ancora arrivato alla firma del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, proprio perché, la prima bozza, escludeva gli insegnanti delle scuole non statali dal concorso. Sul punto, in queste settimane, l’interlocuzione tra gli uffici legislativi del Quirinale e del Miur è stata costante e ha prodotto le modifiche che saranno apportate al testo, così come confermato l’altro giorno alla Camera in risposta a un’interrogazione dei parlamentari Valentina Aprea e Cristina Patelli. Nella maggioranza che sostiene il governo, ha invece lavorato il deputato Gabriele Toccafondi, che ora dichiara la propria soddisfazione: «Lo abbiamo sempre detto con forza: gli insegnanti delle paritarie non sono docenti di serie B e meritano gli stessi diritti di accesso al concorso dei loro colleghi statali».Dunque, dopo i rilievi mossi dal Presidente Mattarella, il Miur si appresta a cambiare questo punto del decreto, aprendo la partecipazione al concorso straordinario anche ai docenti delle scuole paritarie, che così potranno ottenere l’abilitazione. Un aspetto, questo, sottolineato dalle stesse associazioni dei gestori delle scuole non statali (per il Cavanis, la Fidae). Ricordando che la legge 62 del 2000, obbliga questi istituti ad avvalersi esclusivamente di insegnanti abilitati, pena la chiusura, le associazioni avevano evidenziato «l’incostituzionale discriminazione» ai danni dei docenti delle paritarie, da cui sarebbe derivato un grave danno all’intero comparto delle scuole paritarie. Che, come dice la stessa legge 62, rientrano nell’unico sistema nazionale d’istruzione.
Da qui, dunque, i rilievi del Quirinale, accolti dal Miur, per evitare che il decreto avesse caratteri d’incostituzionalità.