E Socrate ha finito per duettare con Fedez
Mettete una terza liceo che studia la filosofia di Socrate durante la pandemia, chiusa in casa, davanti a uno schermo per giorni e giorni, un ambiente didattico surreale e affannoso… Ce lo ricorderemo questo tempo. Ci sembrerà un sogno, ci sembrerà di non esserci stati.
E si mescolavano, in quei giorni tappati in casa, i dialoghi socratici con le parole graffianti di Fedez… “e poi, lo sai, non c’è un senso a questo tempo che non dà il giusto peso a quello che viviamo; ogni ricordo è più importante condividerlo….”. Per ogni momento grande della nostra vita c’è sempre una canzone a ricordarcelo, non è così? Poi è successo che, lentamente, quella classe torna in aula, in presenza. Torna con la voglia di rompere il silenzio delle emozioni, torna a cantare le parole Fedez mescolate a quelle di Socrate. L’insegnante intuisce il momento magico, quel gioco fugace che è solo dei giovani, in cui si mescolano musica, emozioni e rap scolastico squinternato. Qualche studente, più bravo con le rime, adatta parole in libertà alla filosofia e tutti cominciano a canticchiare “…Io vi chiedo pardon, leggo solo Platon, i suoi dialoghi socratici sono il mio amor; il protagonista è Socrate che aveva un daimon, e nell’agorà parlava con saggezza e passion, con i sofisti proprio no, li odiava con il cuor, e solo col “che cos’è” ti metteva KO. Era un malato del parlato per questo fece un po’ di sano maieuticoon…”. Adesso che le lezioni sono terminate, cominciano a girare per le email e i social questa canzoncina pastrocciata per dirci che – forse – forse la pandemia è ormai passata e ci resta di tutto questo tempo un’antica incontenibile voglia di cantare: “e ancora un’altra estate arriverà / e scorderemo il debito da recuperar / e poi un anno sprecato / da rifare da capo. / La mole da studiare tanto non ci ammazzerà…” Grazie Cavanis. (nella foto: Jacques Louis-David, Socrate beve la cicuta, 1787).