Padre Jeremie è Cavanis per sempre
Per chi ha conosciuto padre Jeremie, per due anni collaboratore e insegnante nella scuola Cavanis di Possagno, è una notizia molto bella: padre Jeremie Mundele Nain, il 29 agosto 2020, proclama la sua adesione perenne alla Congregazione Cavanis pronunciando la professione perpetua. In Casa del Sacro Cuore di Possagno, in Col di Draga, alle ore 9. Gli siamo vicini con la partecipazione e la preghiera. Come dice spesso nei social lo stesso padre Jeremie: “Sia fatta, lodata e in eterno esaltata la giustissima, altissima e amabilissima volontà di Dio in tutte le cose”.

Quelle partitelle a pallone di nascosto da mio padre
Jérémie Mundele Nain pronuncerà solennemente i voti perpetui come religioso Cavanis nella Casa del Sacro Cuore sul Col Draga, a Possagno (Treviso), sabato 29 agosto 2020, ore 9. Gli abbiamo chiesto alcuni ricordi del suo cammino vocazionale:
“In realtà la mia famiglia era un po’ divisa sulla mia vocazione: i genitori erano contentissimi ed erano i primi ad incoraggiarmi perché diventassi prete.
I miei tre fratelli, invece, non condividevano la mia scelta; mi approvarono soltanto dopo il noviziato (nel 2014): mi dissero, allora, che erano convinti di me perché si capiva che quella era la mia strada.
Ora tutti, senza eccezione, famigliari, parenti e amici, mi sostengono e mi incoraggiano.
Comunque, io non sono ancora sacerdote; ciò verrà dopo, a giugno 2021, forse.
Adesso io mi impegno a farmi religioso. A emettere i voti perpetui, come si diceva una volta.
Durante la mia fanciullezza, ho avuto tanti amici nel mondo del calcio, perché il calcio per me è stata una vera passione.
Anche adesso lo è ancora.
Passavo intere giornate a giocare, bastava un francobollo di terra e una palla e cominciava la partita. A volte trasgredendo le regole del papà che non voleva che noi figli restassimo troppo assenti da casa.
Dovevamo studiare, dovevamo aiutare in casa… E noi avevamo in mente solo il pallone!
Mi ricordo un giorno in cui si doveva giocare una partita molto importante coi ragazzi di un altro quartiere: avevo approfittato dell’assenza del papà per uscire.
Ma il campo da calcio dove si sarebbe svolta la partita era vicino all’università in cui mio padre studiava (stava conseguendo il dottorato).
A partita finita, mi sono messo sul cammino del rientro a casa.
Disgrazia: era la fine delle lezioni anche all’università di mio padre: uscendo dal campo, vidi mio padre, da lontano.
Fui preso da una grande paura, anzi ero proprio agitato.
Per non farmi vedere da lui, i miei amici fecero un recinto intorno a me. Mio padre passò e li salutò, perché li conosceva tutti. Ma non mi vide.
Una volta passato mio padre, mi misi a correre, assieme ai miei amici, per una scorciatoia così da arrivare prima di lui a casa.
E per quel giorno, grazie a Dio, riuscii a evitare un rimprovero.
Da giovane, frequentavo più volentieri persone più vecchie di me: ero attratto dalla loro esperienza e dalla loro preparazione maggiore della mia.
Volevo arrivare a imparare cose da loro. Mi sembrava di essere sempre in ritardo nel sapere.
La cultura mi dava sicurezza: coi coetanei, io mi facevo volentieri leader e, spesso, mi facevo ascoltare.
La mia terra è il Congo, la repubblica democratica che sta proprio al centro dell’Africa: è un Paese molto ricco di risorse naturali e molto bello, con tanta diversità di gente, di culture, di lingue…
Se devo fare una critica al mio amato Congo, la rivolgo ai governanti che spesso mi sembrano guardare più al proprio tornaconto e meno alla res publica.
La mia provincia, il Kwango, è molto conosciuta per la sua produzione di arachidi, manioca e olio di palma.
A Kwango, ho frequentato la scuola dai gesuiti: loro mi offrivano non soltanto una buona istruzione ma anche il servizio del convitto.
Poi ho conosciuto i padri Cavanis che hanno la loro missione a Kinshasa, la capitale: adire il vero non è stato un amore a prima vista quello coi Cavanis, anzi direi che è stato abbastanza tribolato.
Era l’8 ottobre 2011 la data fissata per entrare nel seminario per iniziare il percorso che avevo sempre desiderato, quello di diventare sacerdote.
Ma mi capitò una sorta di incidente vocazionale: due giorni prima di quella data, mi pareva di aver perso ogni desiderio di andare in seminario.
Mi ero detto: «Non ci vado più, sto bene qui con i miei amici».
E fu così che quell’8 ottobre 2011 alle 9:00 tutti gli altri miei 11 compagni erano lì. L’unico assente, su 12, ero io… un po’ come Giuda Iscariota.
Alle 3 del pomeriggio, il Padre che si occupava delle vocazioni mi chiamò per sapere cosa mi stesse succedendo.
Cosa dirgli? «Sto arrivando, padre», gli risposi.
In effetti, in quel momento ero a ballare con i miei amici.
Alle dieci di sera, lo stesso padre mi chiamò per chiedermi quanto tempo ci voleva per arrivare.
Gli dissi che non sarei più andato in seminario, perché mi mancava la Bibbia.
In realtà, la Bibbia ce l’avevo… E lui mi disse: «Non è per la mancanza della Bibbia che verrai espulso dal seminario: vieni domani, al più tardi alle 9:00».
Non ho avuto più argomenti. Ho pensato tra me: «Ok. domani vado, ma torno a casa dopo una settimana».
Dissi così ai miei famigliari, ai miei amici: tra una settimana torno.
Non tornai mai più a casa, come mi ero proposto. E ciò fino ad oggi, perché in seminario avevo trovato una gioia superiore a quella che avevo prima.
Il carisma Cavanis mi piace tantissimo perché porta con sè un messaggio vivace: lavorare con i giovani, restare giovane, essere sempre giovane. Da Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, a Possagno, passando per Roma, mi sono sempre sentito a casa.
A stare nelle scuole e nelle comunità dei padri Cavanis ho imparato che la verità non sta soltanto in ciò che io penso, ma anche in ciò che porta serenità e gioia, si trova anche in ciò che io non desidero, nel contatto con l’altro e nell’uscire da sé.
L’esperienza mi ha insegnato che la vita è semplice e nella semplicità è il segreto del bene”.