Se a osservare i denti delle mummie si scopre che…
Siamo entrati in una classe della Primaria Cavanis: i bambini stavano facendo Storia. L’argomento della lezione era la civiltà egizia. Appassionati, come tutti noi, dei sarcofagi, delle piramidi, delle spedizioni archeologiche, dei geroglifici, della sfinge ecc., i bambini seguivano attentissimi la spiegazione della maestra e le slides del power point. Molti facevano domande sul significato dei loro caratteri, sull’accesso alle piramidi, sugli ori e le pietre preziose trovate nelle tombe, su Tutankhamon il faraone bambino e molto altro … Ad un certo momento un bambino (lo chiameremo Simone, nome di fantasia) osservando bene alcune fotografie, chiede perché molte mummie presentano denti consumati o danneggiati… Per la maestra è il momento magico di stimolarene i bambini la curiosità, motivarli a fare ipotesi (“andavano dal dentista?”), ad allargare il campo d’indagine (“erano golosi di dolcetti?”), a ricercare le cause (“non avevano lo spazzolino”)… Si è scatenata la ricerca: sono state raccolte tutte le ipotesi, anche quelle più comiche, poi sono state selezionate solo quelle più verosimili, si sono individuate le fonti autorevoli dove cercare la risposta più convincente, sono state trovate (con l’aiuto della maestra) altre foto con i dettagli della dentatura di altre mummie (in alcune i denti sembravano addirittura limati alla gengiva o erano scomparsi del tutto…). Si è cominciato ad escludere che gli egizi avessero i denti cariati (perché le carie erodono i denti in forma diversa da quello che invece appare nei denti dei faraoni). E alla fine (ma sono passati due giorni di ricerche!) è saltato fuori che le donne egizie, per preparare i cibi, mettevano gli ingredienti su una stuoietta posta sulla sabbia. Assieme alla farina, all’acqua, alle erbe, al sale entravano (probabilmente) nell’impasto anche alcuni granellini di sabbia che finivano nei cibi e da lì in bocca degli egizi e quindi tra i denti, creando così continui sfregamenti sullo smalto dentale… Quando l’Europa raccomanda che a scuola i bambini imparino a… imparare intende proprio questo: dar loro un metodo per riuscire a rispondere alle domande come quella di Simone. La scuola, al Cavanis non è più da tempo una passiva trasmissione di conoscenze da insegnante ad allievo. Perché “insegnare non è riempire un secchio vuoto ma accendere un fuoco”.