Lo spettacolo del teatro di carta, al Cavanis
Se non avete la minima idea di cosa sia un Kamishibai, al Cavanis potete saperlo. Il Kamishibai (letteralmente “teatro di carta”) è una forma di narrazione popolare (iniziata nei templi buddisti in Giappone circa mille anni fa) dei monaci orientali che usavano gli emakimono (pannelli di testi e immagini) per narrare ad un pubblico prevalentemente analfabeta delle storie dotate di un insegnamento morale. Dai templi buddisti, le narrazioni (non solo religiose ma anche di guerra, d’amore, di fantasia ecc) diventarono rappresentazioni popolari che i narratori itineranti diffondevano di villaggio in villaggio con i loro teatrini di carta portatili. Prima di cominciare la narrazione o appena arrivato in bicicletta nel villaggio, il Gaito kamishibaiya narratore teatrale) batteva i Hyoshigi, due bastoncini di legno tenuti assieme da una cordicella rossa, per richiamare l’attenzione degli spettatori. Il Gaito raccontava le sue storie servendosi del palco portatile e di un set di tavolette di legno (o di cartoncino o di stoffa) sulle quali erano disegnati vari passaggi della storia che avrebbe raccontato. La narrazione quindi assumeva l’aspetto di una sequenza di tavole come fosse una striscia di fumetti o una moderna graphic novel . Le storie raccontate dai Gaito erano spesso seriali e nuovi episodi venivano raccontati ad ogni visita al villaggio. Una delle versioni del Gaito kamishibai più diffuse per noi italiani è il teatrino delle ombre cinesi in cui, al posto delle tavolette dipinte, la scena è occupata dalle sagome in cartoncino posizionate dietro uno schermo trasparente satinato e stagliate da una luce retroilluminante. Ma vedete com’è difficile scrivere del kamishibai! Sarebbe meglio se veniste di persona al Cavanis dove, pochi giorni fa, la signora Zarina Sandrers ha donato alla nostra scuola un kamishibai, fatto proprio come i kamishibai originali giapponesi, per raccontare storie con scene di carta o con le ombre cinesi. Lo ha ideato, progettato e costruito insieme al marito Francesco Turcato: con la stampante laser è stato modellato il teatrino (che può funzionare con i pannelli illustrati come nella tradizione giapponese ma che è stato dotato anche di pannello in vetro gessato su cui si adattano le ombre cinesi con relative luci per proiettarle); sono state realizzate numerose ombre in gomma crepla (o carta eva) con i relativi bastoncini a pinzetta per reggerle o le basi in legno per supportarle in scena. Il teatrino portatile è stato dotato anche dai legnetti Hyoshigi e del carillon per richiamare l’attenzione dei bambini ad inizio spettacolo. Il kamishibai arrivato al Cavanis è un dono originale e innovativo, prezioso per capire sia la tecnologia delle moderne stampanti 3D sia per attivare una didattica della narrazione con modalità e strumenti che si rifanno ai teatri orientali ma che richiamano anche i siparietti italici itineranti come quelli dei burattini o delle maschere o delle marionette, tanto cari anche alla tradizione veneta, napoletana, lombarda e piemontese.