Ogni insegnante vorrebbe avere una classe silenziosa, diligente, attenta… Almeno così dicevano gli insegnanti di una volta.
Il silenzio, la riservatezza, la timidezza, la diligenza, l’ordine di un ragazzo o di una ragazza sono delle virtù splendide, ma quando sono eccessive ed esclusive possono essere un freno alla sua crescita personale e sociale. Perché fare silenzio quando c’è bisogno di parlare non va bene: il silenzio è una dote positiva quando viene finalizzato all’ascolto dell’altro. Ma quando c’è da rispondere, prendere posizione, esporre in pubblico il proprio pensiero, proporsi, difendersi, dibattere, replicare, leggere ad alta voce, farsi capire… il silenzio è dannoso.
Saper parlare, però, è cosa diversa che parlare e basta. Chi parla può anche parlare a vànvera.
Chi sa parlare, invece, è stato educato alla consapevolezza di sé, a enucleare il proprio pensiero, a non essere dispersivo, a usare un lessico appropriato.
Chi sa parlare ha acquisito un metodo di ascolto degli altri, sa prendere appunti, sa memorizzare le keyword, sa interagire in modo efficace con le persone che lo circondano, sa chiedere un aiuto o sa aspettare il proprio turno in una discussione formale…
Chi sa parlare sa modulare la voce, accentare correttamente le parole, usare i verbi al modo e al tempo giusti, sa pretendere il silenzio senza essere sfacciato, sa lavorare in gruppo, sa rispettare i ruoli, riconosce i propri errori e si corregge, ha acquisito un buon grado di persuasività e influenza…
Chi può educare un ragazzo a queste abilità?
La scuola ovviamente: il Cavanis di Possagno, nei percorsi curricolari dell’Ingegnere Umanista, ha inserito proprio queste competenze tra gli obiettivi didattici di tutte le materie, così che ogni studente avverte nella nostra scuola di appartenere a un ambiente educativo coerente, innovativo e condiviso.